Libro | Cap. 5 - Par. 3

L'ossessione dell'alternativa
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La situazione di monopolio che abbiamo descritto e le varie inefficienze del sistema SIAE alimentano negli utenti la ricerca di soluzioni alternative. Il problema che però si riscontra in questo caso è una confusione di fondo sul concetto di "alternativa". D'altronde, le attività svolte da SIAE sono molteplici e dunque quando si parla di alternative non è sempre chiaro a che cosa si stia facendo riferimento. E tra l'altro - ricordiamolo - finché persiste la situazione di monopolio previsto per legge, è difficile che in Italia possa esistere una reale alternativa. A mio avviso è quindi importante evitare di abusare del concetto di "alternativa" a meno di accompagnarlo dalle debite precisazioni.
Vediamo di seguito quali sono i principali equivoci basati proprio sull'eccessiva enfatizzazione del concetto di "alternativa".

a) Creative Commons può essere considerata un'alternativa alla SIAE?

Mettere Creative Commons e SIAE sullo stesso piano senza le opportune precisazioni è un errore che farebbe bocciare qualsiasi studente all'esame di diritto d'autore. Si tratta infatti di due enti che svolgono attività differenti e che non sempre sono in contrapposizione tra loro.
Come abbiamo spiegato dettagliatamente nei capitoli precedenti, SIAE è una società di gestione collettiva dei diritti d'autore, a cui gli autori delegano la gestione dei propri diritti e la raccolta dei relativi proventi. Creative Commons invece è un ente non-profit attivo nella promozione di nuovi modelli di gestione del diritto d'autore; e questa sua attività si esplica principalmente con la diffusione di un set di licenze che si possono utilizzare liberamente e gratuitamente.
L'utilizzo delle licenze CC realizza una sorta di “autogestione” dei diritti d'autore: sono gli autori (o comunque i titolari dei diritti sulle opere) a scegliere autonomamente ed applicare sotto propria responsabilità le licenze proposte da CC. Ciò non instaura alcun tipo di rapporto di intermediazione: CC infatti non gestisce i diritti d'autore in nome e per conto degli autori, non prevede l'iscrizione come associato e non ridistribuisce i proventi.
Diverse sono anche le modalità operative dei due enti e le modalità con cui gli autori si rapportano ad essi. Per usufruire dei servizi di SIAE, ci si iscrive all'ente oppure si sottoscrive un contratto di mandato; in entrambi i casi è richiesto il pagamento di una quota. A Creative Commons non ci si iscrive; per usare le licenze basta andare sul sito, seguire le linee guida e applicare la licenza all'opera.
L'attività di gestione collettiva di SIAE viene svolta anche grazie ad un potere di controllo e ispezione attribuitole espressamente dalla legge; e, sulla base accordi reciproci, viene esercitata di concerto con le collecting society estere, cioè gli enti che svolgono la medesima attività negli altri paesi.
Creative Commons non svolge alcun tipo di attività di controllo e ispezione; e nemmeno potrebbe farlo. Essa non entra nemmeno nel merito di come vengono applicate le sue licenze e ancor meno instaura un rapporto di consulenza e supporto legale in caso di violazioni. Se qualcuno applica in modo inappropriato le licenze, Creative Commons non interviene (anche perché non può monitorare tutti i milioni di opere rilasciate con tali licenze); l'uso delle licenze è lasciato alla piena responsabilità degli autori.

b) Servizi di datazione opere come Patamù, Copyzero e simili

Altro caso in cui spesso si sente parlare genericamente e impropriamente di "alternativa alla SIAE" è quando si parla di servizi come Patamù, Copyzero e simili.
A ben vedere, questi servizi si occupano di fornire una datazione certa sulle opere dell'ingegno, su richiesta degli autori che vogliono avere una prova più solida della paternità dell'opera e della titolarità dei diritti. Questi servizi possono al massimo sostituire quello che nei paragrafi recedenti abbiano definito "deposito opere" presso SIAE, nonostante essi non realizzino sempre un vero e proprio deposito. A seconda dei casi, infatti, non sempre questi servizi conservano copia presso i loro archivi; a volte si limitano ad apporre una marcatura temporale ai file (attraverso il sistema della firma digitale) e a restituirli a chi ha li ha caricati. Ad ogni modo, l'obbiettivo di questi servizi è quello di fornire una prova della paternità dell'opera, ma non quella di gestire i diritti in nome e per conto degli autori e raccogliere i relativi proventi.
Dunque, considerando che l'attività di "deposito opere" è solo una piccola fetta delle varie attività svolte da SIAE, è facile capire in che senso associare servizi come Patamù e Copyzero a SIAE, genericamente e senza specifico riferimento al deposito opere, risulti una forzatura. Ancora peggiore è la forzatura se passa l'equivoco che tali servizi realizzino qualcosa di più simile a quella che abbiamo chiamato "registrazione opere".

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