Libro | Cap. 4 - Par. 1

Un ente figlio della cultura burocratica[1]
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Per un esame di Storia della pubblica amministrazione lessi l’apprezzabile libro in cui Guido Melis racconta l’evoluzione storico-culturale del fenomeno della burocrazia dai tempi di Cavour ai giorni nostri[2], spiegando come la cultura burocratica sia molto radicata nella pubblica amministrazione italiana. Una cultura in cui l’attenzione alla forma, alla procedura, al protocollo, diventa prioritaria rispetto all’efficienza, anche a scapito del buon senso. Il burocrate per sua natura non è ben disposto verso la trasparenza e la semplificazione. D’altronde, la complicazione documentale e procedurale dà maggiore potere e fa sentire indispensabile colui che in quella complicazione sa destreggiarsi.
È questo un problema generale che attanaglia ancora oggi l’apparato pubblico italiano e da cui è difficile liberarsi nonostante le più recenti riforme in materia di semplificazione, trasparenza e digitalizzazione. Le riforme infatti rischiano sempre di rimanere sulla carta quando si scontrano con le resistenze "umane" di migliaia di operatori che sono entrati nel sistema prima che si sentisse l’esigenza di innovarlo.
La SIAE, che come abbiamo visto nasce come associazione privata, è stata negli anni soggetta ad un crescente livello di burocratizzazione e ancora oggi si porta dietro tutte le criticità che ciò può comportare. E ovviamente, per i motivi illustrati poco fa, oppone resistenza all’innovazione. È molto utopistico quindi pensare, come pare che stia facendo il legislatore italiano da un po’ di anni, che l’ente si auto-riformi per uno slancio illuminista e innovatore.
La burocrazia non è cattiva a priori; le procedure rigide servono, almeno in linea di principio, anche a garantire certezza e precisione. Ma è sicuramente cattiva quando diventa artificiosa, fine a se stessa e contraria al buon senso. La cattiva burocrazia, infatti, invece di garantire trasparenza aumenta l’opacità del sistema.
Più cattiva della burocrazia cattiva è poi la burocrazia in cui il burocrate ha ampia discrezionalità; una burocrazia in cui le norme procedurali vanno addirittura in secondo piano rispetto alle prassi di singoli ufficio o di singoli addetti. E ancora peggiore, la burocrazia in cui una prassi del tutto arbitraria si è incancrenita e irrigidita, rimanendo così immune a riforme e innovazioni anche importanti. "Da noi si è sempre fatto così" diventa quindi la regola sopra le regole, il motto a cui anche i nuovi arrivati devono abituarsi, specie quando coloro che guidano gli uffici hanno un’età media molto alta e sono quindi entrati nel sistema ben prima che fosse percepita l’esigenza di un superamento del modello vetero-burocratico.
A mio modesto parere, e sulla base delle segnalazioni che raccolgo quasi quotidianamente con la mia attività di divulgazione e di consulenza, SIAE è affetta proprio da tutti questi mali.
Si contano a migliaia i casi di diversi incaricati SIAE che applicano parametri diversi per situazioni simili tra loro, come anche i casi in cui si spinge per accordi a forfait sulla base della semplice promessa che ciò eviterà controlli e complicazioni in futuro. Le modalità con cui vengono applicati certi parametri sono troppo oscure e, come segnalato in varie occasioni dagli utenti, a volte rasentano la scorrettezza.

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1. Questo paragrafo è tratto dall'articolo La cattiva burocrazia e la SIAE disponibile online su http://www.mysolutionpost.it/blogs/it-law/piana/2015/03/cattiva-burocrazia-siae.aspx.
2. Guido Melis, La burocrazia, Il Mulino, 2003.

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