Libro | Cap. 2 - Par. 5

Il fantastico mondo dei “bollini”
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Molti tra coloro che si occupano per professione o per piacere della produzione di opere creative hanno avuto a che fare con la SIAE in uno specifico caso: quando hanno dovuto ritirare i famosi “bollini” da apporre sui supporti fisici delle loro opere.
Quello della bollinatura delle opere è uno dei temi su cui circola molta confusione e disinformazione ed è quindi opportuno dedicarvi qualche riga, anche solo per ricordare che il termine “bollini” è molto generico e non permette di tenere in debita considerazione le diverse tipologie di etichette adesive di cui la SIAE si occupa.

a) Il contrassegno sui supporti

L’idea di bollinare i supporti contenenti opere creative nasce tra gli anni 80 e gli anni 90 con lo scopo di sconfiggere il fenomeno della diffusione di copie “pirata”. In quegli anni infatti, la tecnologia iniziava a raggiungere una precisione e una diffusione tali da rendere molto facile la realizzazione di copie abusive di CD, audiocassette, videocassette, e successivamente anche DVD e supporti per videogiochi, che fossero però davvero simili agli originali. Si pensò quindi di introdurre l’obbligo (a carico dei produttori) di contraddistinguere le copie originali con appositi contrassegni adesivi rilasciati dalla SIAE e riportanti alcuni dati identificativi dell’opera e del relativo produttore.
Di conseguenza, nel momento in cui si decide di produrre e distribuire al pubblico (anche a mero titolo di omaggio) supporti contenenti opere dell’ingegno, la buona norma vorrebbe che colui che si fa carico della produzione (che può essere anche un’associazione, un ente pubblico, una persona fisica, o l’autore stesso) si rechi presso una sede SIAE, compili alcuni moduli con le informazioni relative a quella specifica produzione e versi una piccola somma commisurata al tipo e al numero di contrassegni richiesti. Una volta ricevuti i contrassegni, il produttore deve attaccarli alle confezioni di ogni singola copia distribuita al pubblico.
Da quel momento, in teoria, ogni copia di quella produzione rinvenuta priva di tale contrassegno, dovrebbe essere considerata come copia non proveniente dal suo legittimo produttore e quindi non autorizzata.
La norma che dispone questo obbligo è l’articolo 181 bis della legge sul diritto d’autore, di cui riportiamo un estratto.
Art. 181 bis LDA (commi 1 e 2)1. [...] la Società italiana degli autori ed editori (SIAE) appone un contrassegno su ogni supporto contenente programmi per elaboratore o multimediali nonché su ogni supporto contenente suoni, voci e immagini in movimento, che reca la fissazione di opere o di parti di opere tra quelle indicate nell’articolo 1, primo comma, destinati ad essere posti comunque in commercio o ceduti in uso a qualunque titolo a fine di lucro. [...]2. Il contrassegno è apposto sui supporti di cui al comma 1 ai soli fini della tutela dei diritti relativi alle opere dell’ingegno, previa attestazione da parte del richiedente dell’assolvimento degli obblighi derivanti dalla normativa sul diritto d’autore e sui diritti connessi. [...]
Il costo dei contrassegni è di 0,0310 euro cadauno per i supporti destinati alla vendita, oppure di 0,0181 euro cadauno per supporti distribuiti gratuitamente o in abbinamento editoriale a pubblicazioni poste in vendita senza maggiorazione del prezzo normalmente praticato.
Come spiegato dal sito della SIAE, l’attuale versione del bollino presenta le seguenti caratteristiche: “è irriproducibile e, una volta applicato, non può essere rimosso, se non rendendolo inutilizzabile; è metallizzato, perciò non fotocopiabile né scannerizzabile, e contiene elementi anticontraffazione non rilevabili a vista; il logo SIAE è stampato con un particolare inchiostro termoreagente; contiene di norma molteplici informazioni che consentono di conoscere: a) il titolo dell’opera; b) il nome del produttore; c) il tipo di supporto (CD, DVD, ecc.); d) il tipo di commercializzazione consentita; e) la numerazione generale progressiva; f) la numerazione progressiva relativa a quell’opera.”[6]
Uno dei più diffusi equivoci su questo tema è proprio inerente alla funzione dei contrassegni. Molti pensano erroneamente che la bollinatura abbia funzione di tutela delle opere e che quindi l’apposizione dei bollini possa garantire l’autore in merito all’acquisizione e all’esercizio dei diritti d’autore.
La normativa sul contrassegno SIAE è stata oggetto di numerose critiche e polemiche perché percepita come poco utile e retrograda, specie in un mondo della produzione creativa che si è ormai sradicato dal concetto di supporto materiale.
Tale normativa è stata anche oggetto di una curiosa vicenda che l’ha vista essere dichiarata illegittima da parte della Corte di Giustizia delle Comunità Europee per un cavillo meramente procedurale. Questa sentenza, pervenuta nel novembre 2007, ha creato una sorta di “buco normativo” durato per quasi un paio d’anni, fino a quando la SIAE ha sanato questo vizio procedurale notificando correttamente la normativa (che appunto è tornata normalmente in vigore con l’approvazione del nuovo regolamento formalizzata dal DPCM 31/2009).

b) I bollini o la timbratura a secco sui libri

Oltre ai bollini descritti nel paragrafo precedente, esiste un altro tipo di bollini con una funzione completamente diversa e utilizzati nel settore editoriale. Questi bollini, la cui fonte normativa risiede nell’art. 123, sono apposti sui libri non obbligatoriamente ma solo su richiesta degli autori.
Si tratta di bollini adesivi che vengono incollati sul frontespizio o sulla copertina dei libri e che riportano dei numeri progressivi che permettono di individuare quante copie sono state effettivamente messe in commercio dall’editore. In altri casi si tratta di una semplice timbratura a secco (con il logo SIAE) di una pagina del libro.
L’autore dell’opera, infatti, non ha modo di controllare se l’editore ha messo in commercio più copie di quante dichiarate nel contratto di edizione e nei vari resoconti forniti periodicamente. Quindi, per evitare frodi da parte di case editrici poco oneste, gli autori possono chiedere la “vidimazione” delle copie messe in commercio per il tramite della SAIE.
Come precisato dall’art. 12 del regolamento di esecuzione della legge sul diritto d’autore, “l’obbligo di far contrassegnare gli esemplari dell’opera, a norma dell’art. 123 della legge, spetta all’editore.Il contrassegno è apposto sugli esemplari dell’opera dalle Associazioni sindacali interessate, a mezzo della Società Italiana degli Autori ed Editori (S.I.A.E.), salvo che l’autore non vi provveda direttamente, contrassegnando ciascun esemplare con la propria firma autografa. In tal caso, l’autore direttamente o per mezzo dell’editore deve darne comunicazione alla propria associazione sindacale di categoria, prima della messa in circolazione dell’opera.”
In alternativa, l’autore, facendone richiesta all’editore all’atto della stipula del contratto di edizione, può provvedere a “vidimare” le copie personalmente, ad esempio apponendovi la propria firma. Questa prassi ovviamente è praticabile nel caso di tirature contenute.

c) I bollini per i diritti sulle fotocopie

Esiste (o meglio, è esistita) una terza tipologia di bollini sconosciuta ai più e che riguarda le fotocopie effettuate presso le copisterie.
A fine 2005 la SIAE, l’Aie (Associazione Italiana Editori), le associazioni degli scrittori (SNS, il Sindacato Nazionale Scrittori; Slsi, il Sindacato Libero Scrittori Italiani; Uil-Unsa, l’Unione Nazionale Scrittori e Artisti) hanno sottoscrittoun accordo con le associazioni di categoria (CNA, Confartigianato, Casartigiani, C.l.a.a.i. e Legacoop) per i diritti d’autore sulle fotocopie di opere protette.[7] L’accordo prevedeva che dal 1° gennaio 2006 i titolari di cartolerie, tabaccherie e copisterie avessero l’obbligo di apporre questi bollini sulla prima pagina delle fotocopie e di addebitarne il relativo costo al cliente che richiedeva di fare le fotocopie.Tali bollini, chiamati tecnicamente “contromarche”, dovevano essere acquistati in anticipo dagli esercenti e la loro apposizione permetteva il versamento di una quota a titolo di diritti di reprografia[8] alla SIAE, che poi poteva ripartirli ad autori ed editori.
L’accordo è stato poi rinnovato e aggiornato nel gennaio 2009 sostituendo l’apposizione delle contromarche con il versamento nelle casse di SIAE da parte dei gestori delle copisterie di somme forfait calibrate sul numero di macchine fotocopiatrici possedute.
La cosa bizzarra è che, nonostante questa tipologia di bollini sia esistita per circa quattro anni, sono davvero poche le persone che dichiarano di riconoscerli e di averli visti.[9]

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6. Fonte: www.siae.it/Utilizzaopere.asp?link_apge=contrassegni_bollino.htm.
7. Cfr. www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/11_Novembre/17/ fotocopie.shtml.
8. Questo diritto è regolamentato dall'articolo 68 della legge 633/1941, che al comma 4 recita: "I responsabili dei punti o centri di riproduzione, i quali utilizzino nel proprio ambito o mettano a disposizione di terzi, anche gratuitamente, apparecchi per fotocopia, xerocopia o analogo sistema di riproduzione, devono corrispondere un compenso agli autori ed agli editori delle opere dell'ingegno pubblicate per le stampe che, mediante tali apparecchi, vengono riprodotte per gli usi previsti nel comma 3. La misura di detto compenso e le modalità per la riscossione e la ripartizione sono determinate secondo i criteri posti all'art. 181-ter della presente legge. Salvo diverso accordo tra la SIAE e le associazione delle categorie interessate, tale compenso non può essere inferiore per ciascuna pagina riprodotta al prezzo medio a pagina rilevato annualmente dall'ISTAT per i libri.".
9. Io stesso mi ci sono imbattuto in una strana situazione: facendo gli esami in università e vedendo una studentessa con il mio libro fotocopiato con incollati questi bollini. La storia completa su http://aliprandi.blogspot.it/2008/ 02/de-bollinorum-absurditate-aneddoto.html.

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