domenica 22 febbraio 2015

L'ordinanza del caso Soundreef vs SIAE (settembre 2014)

Ad ottobre dell'anno scorso è circolata la notizia di una ordinanza che sostanzialmente riconosceva la legittimità dell'operato di Soundreef, società di gestione collettiva dei diritti d'autore fondata in Regno Unito da imprenditori italiana che, operando principalmente attraverso Internet, agisce di fatto anche sul territorio italiano. Secondo il Tribunale di Milano l'attività di questo nuovo soggetto non è in violazione dell'art. 180 legge 633/1941, norma che riserva questa attività in esclusiva alla SIAE (e che quindi sorregge quello che comunemente è chiamato "monopolio SIAE).
L'ordinanza è stata salutata (anche sui media generalisti) come un primo passo verso il superamento del cosiddetto monopolio SIAE. Molti hanno letto i vari articoli usciti in quei giorni, ma pochi hanno letto il testo dell'ordinanza, che è davvero ben scritta (la firma è del Giudice Marina Tavassi, solitamente molto oculata su questi temi). Di seguito riportiamo l'estratto più interessante e successivamente il PDF integrale del provvedimento.

Potrebbero interessarti anche...

Estratto dell'ordinanza
[...] Non vi sono allo stato sufficienti elementi per ritenere che la diffusione di musica da parte di Soundreef nel territorio italiano sia illecita in forza della riserva concessa alla SIAE dall'art. 180 L.aut. Nel sembra infatti potersi affermare che la musica, per lo più, se non esclusivamente, inglese, statunitense o comunque di autori ed interpreti stranieri, gestita da Soundreef e da questa diffusa in Italia in centri commerciali GDO e simili, debba essere obbligatoriamente affidata all'intermediazione di SIAE. Una simile pretesa entrerebbe in conflitto con i principi del libero mercato in ambito comunitario e con i fondamentali principi della libera concorrenza.
L'art. 180 L. aut. , infatti, proprio in quanto stabilisce simili limiti, non può che essere considerato norma di carattere eccezionale e quindi di stretta interpretazione. Un'interpretazione estensiva della medesima norma, diretta ad estenderne la portata al di fuori dell'espressa previsione letterale non sarebbe legittima. Né tale norma può essere estrapolata dal contesto normativo in cui è inserita, ovvero nella legge sul diritto d'autore nazionale, dovendosi rilevare che il successivo art. 185 della stessa legge limita l'applicazione dell'intero complesso di norme alle opere di autori italiani, recitando: “Questa legge si applica a tutte le opere di autori italiani, dovunque pubblicate per la prima volta, salve le disposizioni dell'art. 189” (che qui non rilevano). E' poi previsto al secondo comma che “si applica ugualmente alle opere di autori stranieri domiciliati in Italia, che siano state pubblicate per prima volta in Italia” (e non è questo il caso), potendo essere applicata (terzo comma) “ad opere di autori stranieri, fuori dalle condizione di protezione indicate nel comma precedente, quando sussistono le condizioni previste negli articoli seguenti”. Ricorre quindi l'ipotesi di cui all'art. 186 il quale prevede che “Le convenzioni internazionali per la protezione
delle opere dell'ingegno regolano la sfera di applicazione di questa legge alle opere di autori stranieri”, dovendosi quindi fare riferimento alla Convenzione di Berna. Tale Convenzione, all'art. 5, richiama la legge nazionale non con un rinvio generico ed omnicomprensivo come vorrebbe la difesa di Piccinelli e di Ros&Ros, ma solo prevedendo che “gli autori godono ... dei diritti che le rispettive leggi attualmente conferiscono o potranno successivamente conferire ai nazionali” (par.1); il par. 2 della medesima norma prevede che il godimento e l'esercizio di questi diritti non siano sottoposti ad alcuna formalità e il par. 3 ribadisce che l'autore allorché non appartenga al paese d'origine dell'opera per la quale è protetto dalla Convenzione, avrà, in questo Paese, gli stessi diritti degli autori nazionali.
Il complesso della normativa, quindi, si preoccupa chiaramente di tutelare gli autori, i loro diritti, la loro posizione attiva, non certo imponendo loro vincoli o limitazioni ed anzi espressamente escludendolo (par. 2 sopra richiamato).
Ulteriori conferme - salvi diversi approfondimenti in sede di merito - sembrano potersi trarre dallo Statuto della SIAE (DM 4.6.2001). Lo Statuto all'art. 2 indica che sono “associati” le persone fisiche e giuridiche italiane, titolari di diritti in quanto autori. Per le persone fisiche e giuridiche dei Paesi membri dell'U.E. titolari di diritti d'autore la disposizione prevede che la loro situazione sia parificata a quella degli autori italiani ove i soggetti stranieri titolari di diritti facciano espressa domanda di associazione alla SIAE (comma 1), oppure conferiscano mandato alla SIAE (comma 2). Sembra quindi che ammissibile anche l'ipotesi in cui detti autori non intendano conferire mandato alla SIAE (in ogni caso non è sancito alcun obbligo in tal senso a loro carico), ma si affidino - secondo quanto sostiene la difesa di Soundreef - ad altri soggetti intermediari.
Non sembra quindi potersi affermare che per gli autori stranieri sussista un obbligo di rispetto della riserva di legge prevista dal combinato disposto degli artt. 180 e 185 L. aut. per gli autori italiani, e quindi che, ove intendano affidare a terzi la gestione dei loro diritti, si debbano obbligatoriamente rivolgere alla SIAE.
Specularmente - ancorché il punto sia da approfondire in sede di giudizio di merito - non vi è alcun obbligo di rivolgersi a società di gestione che operino in Italia per quanto riguarda i diritti connessi di artista, interprete ed esecutore e/o i diritti connessi di produttore.
Quanto alle collecting society non può dirsi che ricorra un obbligo per le stesse di operare in Italia solo tramite accordi di reciprocità con la collecting society locale. Quest'ipotesi si pone come facoltà rimessa alle parti, ma non come obbligo. [continua...]



Nessun commento:

Posta un commento

NB: E' ATTIVATA LA MODERAZIONE DEI COMMENTI. Abbiate pazienza, verranno approvati nel giro di poco tempo.